CuberUp® – Un estratto di cetriolo per il benessere articolare

L’osteoartrite e il dolore articolare sono tra le condizioni croniche più diffuse nel mondo, soprattutto nella popolazione senior. Rimedi naturali in grado di  contenere queste problematiche, anche in modo preventivo e in associazione con terapia farmacologica, sono sempre più richiesti.

L’azienda spagnola Euromed, un produttore di estratti di elevata qualità, sia per l’uso nutraceutico sia farmaceutico, ha recentemente sviluppato CuberUp®, un estratto di cetriolo ottenuto mediante processo estrattivo acquoso proprietario, e standardizzato in biomolecole naturalmente presenti in questo botanical e in grado di promuovere la salute articolare: imminozuccheri e L-citrullina. L’ipotesi è che queste molecole (in aggiunta alle vitamine e sali minerali presenti nell’estratto) si comportino come messaggeri secondari dei processi infiammatori e intervengano, come nel caso della citrullina, nei processi responsabili dell’infiammazione e dell’apporto di nutrienti ai distretti articolari.

In un recente studio clinico randomizzato, controllato e in doppio cieco, l’assunzione di 20 mg/die di CuberUp® (contro placebo) ha permesso di rilevare miglioramenti significativi in vari parametri, di diversa tipologia, valutati nello corso della sperimentazione (condotta su 55 volontari per 8 settimane):

  • dolore valutato su scala VAS
  • indice WOMAC di benessere articolare
  • test funzionale (tempo di percorrenza di un percorso standard)
  • test dinamometrici di tipo isometrico e isocinetico (capacità di sviluppare forza)
  • livelli di citochine e marker infiammatori (IL-1β e MMP-3).

Lo studio clinico è stato recentemente presentato e riassunto in una pubblicazione del magazine L’integratore Nutrizionale, disponibile cliccando sul link sottostante.

Scarica qui la pubblicazione su CuberUp da L’Integratore Nutrizionale

Qui invece la citazione completa dell’articolo originale pubblicato:

Pérez-Piñero, S.; Muñoz-Carrillo, J.C.; Victoria-Montesinos, D.; García-Muñoz, A.M.; Ávila-Gandía, V.; López-Román, F.J. Effectiveness of a Cucumber Extract Supplement on Articular Pain in Patients with Knee Osteoarthritis: A Randomized Double-Blind Controlled Clinical Trial. Appl. Sci. 2023, 13, 485.

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Astaxantina AstaReal®

L’astaxantina è un ingrediente dal significativo potenziale antiossidante e anti-infiammatorio; l’efficacia trasversale e l’approfondito supporto scientifico delineano per l’astaxantina un ruolo chiave in molte differenti aree salutistiche nell’ambito dell’integrazione alimentare.

AstaReal® è da sempre l’azienda pioniera nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione dell’astaxantina naturale; per prima, ancora negli anni ’80, AstaReal® ha sviluppato tecniche di coltura in fotobioreattore chiuso di Haematococcus pluvialis. Se cresciuto nelle opportune condizioni, H. pluvialis è l’organismo capace della massima produzione di astaxantina e la coltura in fotobioreattore offre importanti vantaggi:

  • in termini di resa, perché consente un miglior controllo dell’illuminazione della coltura e della crescita, e quindi una gestione ottimale della fase di produzione dell’astaxantina da parte della microalga;
  • in termini di sicurezza, perché la coltura chiusa offre le maggiori garanzie di purezza ed isolamento da contaminazioni.

Fin dagli anni ’90 AstaReal® ha sviluppato il processo industriale e avviato la distribuzione commerciale dell’astaxantina; l’astaxantina AstaReal® è stata la prima ad essere inclusa in un integratore alimentare e ad essere approvata secondo il regolamento Novel Food.

In organismi più semplici come H. pluvialis o nel Krill, l’astaxantina funziona da vero e proprio schermo: viene prodotta e/o concentrata per limitare il danno prodotto dall’esposizione alla radiazione luminosa e UV, ovvero la creazione e propagazione di ROS (specie radicaliche dell’ossigeno) che danneggiano tutte le macromolecole biologiche. Anche nell’uomo l’astaxantina è uno degli scavenger radicalici più efficaci, decine o centinaia di volte più di altri antiossidanti e vitamine. Una volta assorbita si posiziona all’interno delle membrane cellulari e mitocondriali nelle quali svolge la sua funzione antiossidante; questa è resa particolarmente efficace dalla natura chimico-fisica anfipatica dell’astaxantina: la parte centrale della molecola è lipofila mentre le due porzioni terminali sono idrofile, in modo simile al doppio strato fosfolipidico e questo consente all’astaxantina di collocarsi in modo ottimale a cavallo delle membrane e di neutralizzare efficacemente i radicali.

               

Studi in vitro hanno mostrato inoltre come l’astaxantina abbia un’attività puramente anti-ossidante, al contrario di diversi altri carotenoidi e molecole simili che, come noto, dispongono anche di un connotato pro-ossidante. Questa caratteristica risulta particolarmente importante in vivo nella tutela della funzione mitocondriale. I mitocondri sono estremamente suscettibili al danno ossidativo perché il processo di produzione dell’energia cellulare che ha luogo in questi organelli produce grandi quantità di ROS, in particolare all’aumentare dell’età della persona: i radicali danneggiano le strutture mitocondriali e riducono il numero, la forma e la funzionalità dei mitocondri innescando anche un circolo vizioso di maggiore danno e di squilibrio ossidativo per tutta la cellula. Inoltre in modo simile alla funzione in natura dell’astaxantina, essa contribuisce alla protezione dei tessuti più esposti alla radiazione luminosa, pelle e occhi, disinnescando i ROS che si originano per azione delle lunghezze d’onda ad elevata frequenza (UV)

Il ruolo salutistico dell’astaxantina si esplica quindi in modo trasversale in molti ambiti, tra i quali:

  • salute cardiovascolare
  • prestazione sportiva, resistenza e recupero
  • salute articolare
  • salute della pelle
  • supporto della visione e salute degli occhi
  • protezione neuro-vascolare e benessere cognitivo.

 

Ruolo antinfiammatorio

In uno studio clinico pubblicato nel 2010 la funzione anti-infiammatoria dell’astaxantina è emersa in un trattamento nell’uomo di 8 settimane: come si evince nella figura riportata sotto, l’astaxantina somministrata ad un dosaggio di 2 mg/die, ha ridotto significativamente rispetto al placebo i valori di Proteina C-Reattiva (PCR), un marker noto e comunemente impiegato per la quantificazione del livello di infiammazione sistemica.

Salute cardiovascolare

Tra gli studi che hanno valutato il supporto della funzione cardiovascolare, in uno del 2020 il trattamento pilota in 16 volontari affetti da insufficienza cardiaca con 12 mg/die di astaxantina (e tocotrienolo + vitamina C) ha ridotto lo stress ossidativo e migliorato la contrattilità cardiaca e la tolleranza all’esercizio. In uno studio controllato successivo, condotto in una popolazione sana o in fase pre-diabetica, il trattamento con 12mg/die per 12 settimane ha migliorato significativamente i valori di glucosio e insulina a 30 e 120 minuti della curva da carico di glucosio. Si è anche osservata una riduzione significativa rispetto al placebo dell’indice Matsuda (sensibilità insulinica) e dell’emoglobina glicata, in particolare nel sotto-gruppo in stato pre-diabetico, al contrario del placebo che non ha mostrato effetti.

Tono muscolare e attività fisica 

Nella popolazione senior, l’attività fisica regolare è considerata indispensabile per il mantenimento del tono muscolare e ad evitare fenomeni come la sarcopenia, ovvero la perdita progressiva di massa muscolare, che impatta fortemente sulla capacità di svolgere azioni, sull’indipendenza individuale e in definitiva sulla qualità della vita.

L’integrazione alimentare con ingredienti come l’astaxantina può supportare l’esercizio fisico, contribuendo a rallentare il declino fisico e invertendo lo stress ossidativo che deriva da una stimolazione eccessiva del sistema muscolare quando, in età non più giovane, i sistemi fisiologici di contrasto dei radicali sono al limite.

In uno studio controllato del 2018, 12 mg/giorno di astaxantina sono stati somministrati (in formulazione con tocotrienoli e zinco) per 4 mesi, contro placebo, ad un totale di 42 volontari con età compresa tra 65 e 82 anni; il trattamento accompagnava una routine di esercizio fisico svolta con regolarità 3 volte a settimana. La pratica fisica, come prevedibile, ha migliorato in tutta la popolazione in studio la distanza di camminata, la resistenza, la forza e la massa muscolare; tuttavia il trattamento con astaxantina (ma non il placebo) ha incrementato significativamente la massima contrazione volontaria del muscolo tibiale anteriore (MVC, test di dorsiflessione della caviglia) e l’area cross-sezionale dello stesso muscolo; di conseguenza è anche aumentato in modo significativo il parametro della forza specifica, calcolato come rapporto tra i due precedenti valori.

Tali dati hanno confermato uno studio condotto in vivo in topi anziani, illustrato nella stessa pubblicazione, in cui si è osservato che la somministrazione di astaxantina aumenta la forza muscolare negli animali, misurata mediante elettrostimolazione.

Una successiva rielaborazione dei dati dello studio sopra illustrato, pubblicata in un diverso lavoro nel 2021, ha poi anche verificato come l’integrazione con astaxantina nella popolazione senior abbia anche determinato dopo i mesi di integrazione, rispetto al placebo, una superiore resistenza muscolare specifica e un miglioramento della fase submassimale (misurata come parametro Respiratory Exchange Ratio) in un esercizio condotto a fasce progressive; la riduzione del parametro RER indica che si è raggiunto un miglioramento dell’uso dei grassi rispetto ai carboidrati ed un’intensificazione del metabolismo aerobico sub-massimale.

L’astaxantina, in virtù della sua funzione antiossidante, è in grado di proteggere le cellule, soprattutto muscolari, dal danno ossidativo indotto dall’esercizio strenuo anche in atleti giovani, consentendo quindi più elevati tassi respiratori, un recupero più rapido e una migliore performance. In uno studio del 2011 condotto su 14 ciclisti agonisti, la somministrazione di 4 mg/giorno di astaxantina per 28 giorni ha permesso di migliorare significativamente, rispetto a quanto osservato con il placebo (*p<0.05), la performance ciclistica massimale di test in una sessione di 20 km seguente ad una precedente di esaurimento; il dato è stato misurato come delta rispetto allo stesso esercizio condotto prima delle 4 settimane di trattamento (vedere figura sotto).

Funzione cognitiva

L’astaxantina si caratterizza per la capacità di superare la barriera ematoencefalica e in virtù del suo notevole potenziale antiossidante si candida come ingrediente in grado influire sulla salute del sistema nervoso centrale e di beneficiare in modo significativo la funzione cognitiva, data la notevole suscettibilità dei tessuti nervosi al danno ossidativo (i neuroni sono costituiti da una significativa componente di acidi grassi poli-insaturi, DHA, facilmente danneggiabili dai radicali ossidanti). In uno studio del 2012 condotto su 92 soggetti volontari in età compresa tra 50 e 69 anni soggetti a perdite di memoria, astaxantina a dose di 6 o 12 mg/die sono stati somministrati per 12 settimane contro placebo per valutare l’effetto in termini di miglioramento di performance in alcuni test cognitivi (CogHealth battery e Groton Maze test). In entrambi i test il gruppo trattato ha osservato dei miglioramenti significativi o tempi di risoluzione dei test ridotti, rispetto a quanto osservato nel gruppo del placebo; in particolare nella CogHealth battery, che prevede esercizi su un terminale informatico con carte da gioco, ben 4 parametri hanno registrato performance migliori del 6-8% rispetto al placebo.

Protezione della pelle

L’astaxantina si candida come ingrediente ideale nell’ambito della “beauty from within“, ovvero per applicazioni cosmeceutiche a supporto della salute della pelle. La pelle è l'”organo” più esteso del corpo, ha una complessa struttura a strati e, per il suo ruolo, è immediatamente esposta agli insulti esterni tra cui in particolare la radiazione ultravioletta. I raggi UV sono direttamente responsabili della generazione di stress ossidativo e di radicali dell’ossigeno che a propria volta causano danneggiamento del derma e dell’epidermide con conseguenze immediatamente percepibili: invecchiamento cutaneo, macchie, rughe, screpolature, perdita di elasticità e secchezza.

Il meccanismo attraverso cui i ROS danneggiano la pelle passano attraverso l’attivazione di fattori di trascrizione (NF-kB) e delle MAPkinasi; questi eventi determinano rispettivamente l’attivazione di uno stato infiammatorio (citochine) e l’attivazione delle metalloproteinasi della matrice che causano la degradazione del collagene, la compromissione del derma e il collasso dell’epidermide (rughe).

Molti studi sono stati condotti, in vitro, in vivo e nell’uomo per dimostrare l’efficacia dell’astaxantina nella protezione della pelle dal danno ossidativo; in roditori si è osservato che il trattamento con astaxantina riduce significativamente i marker di processi infiammatori in modo mediato dall’inibizione di NF-kB. L’astaxantina agisce poi direttamente da scavenger radicalico.

In uno studio nell’uomo, controllato con placebo, condotto su 36 volontari di sesso maschile, la somministrazione di astaxantina (6 mg per 6 settimane) per via orale ha migliorato i difetti a zampe di gallina intorno agli occhi e migliorato l’elasticità e la TEWL (Trans-Epidermal Water Loss, vedi figura sottostante) in modo significativo (p<0.01 rispetto al placebo). La TEWL è un parametro facilmente misurabile e direttamente correlato alla salute della pelle: si tratta della perdita di umidità dall’epidermide, che deriva dalla compromissione dello strato lipidico superficiale.

In un successivo studio condotto dallo stesso gruppo di ricerca, astaxantina è stata utilizzata in una preparazione topica per 8 settimane e somministrata anche in parallelo per via orale (6 mg/die)ad un gruppo di 28 volontarie, migliorando significativamente diversi parametri legati alle rughe in corrispondenza del contorno occhi  rispetto alla baseline.

L’astaxantina Astareal® è disponibile come ingrediente in bulk di versioni differenti, impiegabile nella formulazione di molte tipologie di integratori:

  • come biomassa di H. pluvialis essiccata e macinata, standardizzata al 5% astaxantina (cod. A1010);
  • come oleoresina standardizzata al 10% astaxantina (L10) o più diluita, ottenuta per estrazione con CO2 supercritica dalla biomassa;
  • come polvere microincapsulata e idrodispersibile ottenuta a partire dall’oleoresina, con un titolo minimo del 2.5% astaxantina.

 

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Ovomet® – Un complesso attivo naturale efficace per la salute articolare

Ovomet® – Un approfondimento scientifico

Ovomet® è un prodotto innovativo, sviluppato dall’azienda spagnola Eggnovo e destinato in particolare agli integratori alimentari per il supporto della salute articolare.

Si tratta di un ingrediente isolato dalla sottile membrana interna delle uova, naturalmente ricca in molte differenti sostanze bioattive efficaci per la salute di articolazioni, cartilagini, tendini e legamenti, in particolare:

  • collagene, di cui è l’unica fonte vegetariana disponibile
  • elastina
  • acido ialuronico
  • glucosamina
  • condroitin solfato.

oltre a molte proteine ed aminoacidi di varie tipologie (solforati, essenziali a catena ramificata). Il processo produttivo, che isola e purifica la membrana dalle uova, recuperando quindi anche una risorsa naturalmente disponibile ma solitamente scartata dall’industria alimentare, è proprietario, blando e non si avvale di solventi chimici.

Il prodotto che si ottiene, Ovomet®, è unico; la sua efficacia, in particolare nell’ambito della riduzione del dolore articolare ed attribuibile al complesso di molecole che esso contiene e che costituiscono tessuti e strutture muscolo-scheletrice ed articolari, è stata dimostrata in diversi studi scientifici.

Oltre che in modelli animali, il complesso delle evidenze è stato ottenuto in studi clinici sia in volontari anziani, per lo più affetti da osteoartrite, sia in atleti esposti ed elevati livelli di stress fisico ed usura del sistema muscolo-scheletrico ed ha permesso di osservare effetti particolarmente rapidi e significativi, tanto da garantire ad Ovomet® la concessione di claim salutistici ufficiali in Canada.

STUDIO 1 – Dolore articolare

Un primo studio pilota è stato condotto su un totale di 60 volontari, di cui 15 runner, 15 praticanti di CrossFit e 30 persone sedentarie, tutti che presentavano dolore articolare cronico. I soggetti hanno assunto giornalmente 300 mg di Ovomet® per un periodo di 30 giorni (CrossFitters) o 50 giorni (per le altre due categorie). Parametri come il dolore, la rigidità e la funzionalità articolari sono state valutate alla baseline e poi ogni 10 giorni attraverso questionari validati WOMAC e DASH; alla fine dei periodi di trattamento, i punteggi di dolore rigidità e funzionalità sono migliorati in media rispettivamente del 53%, 52% e del 46%.

STUDIO 2 – OA in soggetti anziani

Un altro studio pilota è stato condotto su 20 soggetti anziani (età media di 73.5 anni) affetti da osteoartrite (valutata con indice WOMAC) con dolore acuto; in questo caso si è valutata l’evoluzione della funzionalità articolare e del dolore durante e in seguito ad un periodo di somministrazione di 300 mg/die di Ovomet per 50 giorni. Già dai primi giorni si è osservato un contenimento significativo del dolore e dell’entità della rigidità articolare in base all’autovalutazione WOMAC su 3 scale per dolore, disfunzionalità e rigidità. Al t0 il dolore era classificato in media come molto acuto (13.4 punti su 20); l’indice si è ridotto significativamente a partire dal giorno 20, raggiungendo il minimo al giorno 50 (riduzione del 36%). Anche la rigidità ha subito un decremento, a partire dal 10% (giorno 10) fino alla massima riduzione del 58% al giorno 50 (anche confermata da visita di persona durante il follow up); mentre il punteggio di funzionalità è migliorato del 32%.  La metà dei soggetti al giorno 20 e il 70% al giorno 50 hanno riportato una riduzione importante (quantificata come almeno -20%) del dolore complessivo, a indicazione di un’efficacia diffusa nella popolazione in studio. Il miglioramento complessivo della condizione delle articolazioni si è anche osservato nella diminuzione del punteggio complessivo medio WOMAC che a inizio studio era di 78.5 punti ± 1.79 ed è calato a 50.9 ± 2.63 dopo 50 giorni (-35.2%).

Successivamente sono stati effettuati due ulteriori studi che hanno integrato i questionari di valutazione della condizione articolare con misurazioni ecografiche obiettive dello stato dei tendini, in particolare il tendine d’Achille; questi nuovi studi sono stati condotti in modalità controllata con placebo.

STUDIO 3 – Controllato, anziani OA in casa di riposo

Il primo, in una popolazione in età avanzata, ha arruolato un totale di 38 soggetti anziani ospiti di una casa di riposo (età media 85 anni), 19 dei quali hanno assunto la consueta dose di 300 mg/die di Ovomet® per 50 giorni, mentre l’altra metà ha ricevuto un placebo non distinguibile. Il questionario WOMAC ha rivelato una riduzione del 40% del punteggio relativo alla condizione articolare (P=0.04) nei soggetti trattati rispetto alla baseline, contro una riduzione non significativa del 28% nel gruppo del placebo. L’analisi ecografica della durezza del tendine d’Achille su un campione di soggetti sotto trattamento (n=5) rispetto al placebo (n=3) ha mostrato risultato incoraggianti in quanto nei soggetti trattati si è osservato un miglioramento nell’ordine del 46% del parametro di rigidità lineare, contro un leggero peggioramento (-2.4%) nel ramo del placebo.

STUDIO 4 – Controllato, atleti con dolore articolare

Nel secondo studio lo stesso dosaggio di 300 mg di Ovomet® è stato somministrato ad una popolazione di 22 atleti di Crossfit per valutare ancora una volta gli effetti su dolore soggettivo e su parametri biomeccanici. L’attività fisica intensa (come nel caso del crossfit praticato dai volontari di questo studio, con quasi 8 ore settimanali di media) è spesso causa di infortuni acuti e condizioni di indebolimento, dolore e disfunzioni articolari, scheletriche e muscolari. A questi problemi è possibile ovviare con pratiche di allenamento e alimentazione consone ma anche attraverso la somministrazione di sostanze attive come collagene, glicoproteine e proteoglicani che supportano la salute e la corretta fisiologia di articolazioni e tendini/legamenti. In questo caso la somministrazione di Ovomet® negli atleti ha migliorato il punteggio di autovalutazione secondo questionario WOMAC nel gruppo trattato (miglioramento del 62% ± 16.5%), effetto riscontrato in entità inferiore nel gruppo del placebo (33% ± 16%). Il trattamento con Ovomet® ha anche permesso di conservare la durezza lineare del tendine d’Achille misurata per via ecografica per confronto con quanto è avvenuto nel gruppo del placebo, ovvero una riduzione del 37.5%.

STUDIO 5 – Controllato, efficacia a breve termine

Un ultimo studio, in questo caso su una popolazione con confermati disturbi osteoartritici, è stato condotto per valutare in modo focalizzato sull’effetto a breve termine, l’efficacia di Ovomet® ancora nel contenimento del dolore articolare. Lo studio è stato completato da 18 volontari, 10 dei quali hanno assunto Ovomet®, rispetto agli 8 che hanno assunto il placebo; strumento d’analisi è stato il già menzionato questionario validato WOMAC. L’unicità di questo studio rispetto ai precedenti è che la valutazione ha misurato miglioramenti nel parametro del dolore a partire dal terzo giorno di trattamento (6%), osservando risultati già significativi rispetto alla baseline, l’entità dei quali è ulteriormente incrementata al giorno 5 (16%) e poi progressivamente fino al giorno 30 (52%), termine dello studio. Il miglioramento nel dolore articolare è risultato significativo sia rispetto alla baseline sia rispetto al trattamento con placebo, che non ha prodotto variazioni apprezzabili. Effetti paragonabili si sono registrati nella scala WOMAC relativa alla disfunzione articolare e al punteggio complessivo del questionario WOMAC. Lo studio ha quindi permesso di verificare, oltre all’efficacia di Ovomet® anche la rapidità del suo effetto, contribuendo peraltro all’ottenimento di rivendicazioni salutistiche specifiche per il Canada.

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Wellemon™, flavonoidi da limone per la salute cardiovascolare

Wellemon™ è un estratto di limone ricco in flavonoidi, prodotto secondo elevati standard qualitativi dall’azienda spagnola Euromed e proposto come rimedio naturale per supportare la salute cardiovascolare.

Wellemondispone di una standardizzazione al 10% in Eriocitrina, il flavanone caratteristico del limone che si distingue per una solubilità e quindi per una biodisponibilità notevolmente superiori rispetto all’esperidina.

I flavonoidi sono molecole naturali indicate per supportare la salute circolatoria e cardiovascolare. I disordini e le patologie metaboliche e cardiovascolari, inclusi gli eventi acuti, sono sempre tra le cause più frequenti di malattia nel mondo occidentale e richiedono di essere affrontati attraverso un approccio trasversale in cui rimedi naturali  affianchino i necessari interventi sulla dieta e sullo stile di vita e le terapie farmacologiche tradizionali.

I flavonoidi degli agrumi svolgono molteplici attività biologiche nei confronti dell’organismo: possiedono infatti potenziale antiossidante e capacità di scavenging dei radicali oltre ad una funzione antinfiammatoria, con importanti implicazioni salutistiche; è infatti acclarato il ruolo dello stress ossidativo e dell’infiammazione nell’eziologia di obesità e dislipidemie, diabete e resistenza insulinica e patologie cardiovascolari connesse. Più specificamente, per i flavonoidi sono state dimostrate varie funzioni salutistiche come: riduzione del rischio di ischemie e della sindrome metabolica, attività ipotensiva, miglioramento della disfunzione endoteliale e del tono vascolare e attività vasodilatatoria.

Esperidina

Esperidina

Uno dei flavonoidi di consumo più ampio è l’esperidina, sia perché molto abbondante nell’arancia, sia perché impiegata (anche in versione semisintetica) in specialità farmaceutiche destinate al trattamento di problematiche del microcircolo ed insufficienza venosa. Tuttavia gli effetti benefici provenienti dell’impiego di questo flavonoide in integratori sono piuttosto variabili, in ragione soprattutto:

  • della scarsa solubilità e biodisponibilità dell’esperidina
  • della variabilità inter-individuale relativa alla cinetica del metabolismo della molecola,

Tali fenomeni sono anche all’origine della mancata approvazione di claim salutistici nell’ambito della salute vascolare da parte di EFSA.

Il metabolismo dei flavonoidi dalla dieta (costituiti in prevalenza da uno zucchero disaccaride legato al flavanone aglicone), prevede la rimozione dello zucchero nel colon ad opera di enzimi del microbiota intestinale, rilasciando l’aglicone (l’esperetina, nel caso dell’esperidina) a cui segue l’assorbimento e riconiugazione con altri gruppi chimici diversi, a formare i cosiddetti metaboliti di fase II, biologicamente attivi nell’organismo.

Nel caso dell’esperidina la biodisponibilità è resa piuttosto scarsa dalla bassa idrosolubilità della molecola, dovuta in tutta probabilità alla presenza di un gruppo metossi (-OCH3) in posizione 4’ dell’anello B.

In natura sono tuttavia diffusi altri flavonoidi da agrumi con caratteristiche chimico fisiche profondamente differenti: l’eriocitrina, che come detto è il flavanone più abbondante contenuto nel limone, si caratterizza per una solubilità centinaia di volte più elevata, in ragione principalmente a due gruppi ossidrilici (-OH) posizionati sull’anello B. Come avviene per l’esperidina, anche l’eriocitrina viene deglicosilata dal microbiota intestinale e da questa reazione enzimatica si produce l’aglicone eriodictiolo.

Eriocitrina

Eriocitrina

Un recente studio clinico, di tipo farmacocinetico e svolto secondo una modalità crossover, è stato condotto per valutare in che modo  la maggiore solubilità dell’eriocitrina si traduca in termini di assorbimento e poi di metabolismo e cinetica di formazione dei derivati coniugati, per diretto confronto con l’esperidina da estratto d’arancia.

Lo studio ha arruolato 16 soggetti volontari che hanno assunto in dose singola 260 mg di Eriocitrina o Esperidina, ottenute rispettivamente da estratto di limone Wellemon™ o di arancia, scambiandosi poi i trattamenti dopo 2 settimane di washout. A seguito della somministrazione degli estratti i soggetti sono stati monitorati per 24 ore mediante il prelievo di un totale di 10 campioni di sangue e 4 di urine, nei quali sono stati cercati i flavonoidi e diversi possibili derivati coniugati e metaboliti attraverso metodiche validate (UPLC accoppiata con spettrometria di massa), il tutto seguendo un approccio farmacocinetico, ovvero valutando la cinetica di comparsa, variazione e calo nel corso del tempo di ogni composto chimico.

Le osservazioni più significative sono state:

  1. nessuno dei metaboliti individuati nel plasma a seguito del trattamento era presente alla baseline, prima della somministrazione degli estratti;
  2. alla somministrazione di estratto di limone è seguita la comparsa di un numero maggiore di metaboliti rispetto all’estratto di arancia;
  3. l’assunzione di Wellemon™ ha innalzato, come previsto, i livelli di eriodictiolo e omoeridictiolo, i principali metaboliti dell’eriocitrina; si è tuttavia anche osservato un incremento dell’esperetina, aglicone dell’esperidina tipicamente contenuto nell’arancia, mentre non è stato rilevato il fenomeno inverso;
  4. i principali metaboliti dell’esperidina (esperetina 7-O-glucuronide, esperetina 3’-O-glucuronide, esperetina 3’-O-solfato) hanno raggiunto livelli più elevati, tra le 2 e le 3.5 volte, per assunzione di estratto di limone rispetto all’arancia, sebbene non vi fosse esperidina nell’estratto di limone
  5. da un punto di vista cinetico, i picchi dei diversi metaboliti nel plasma sono stati raggiunti intorno alle 6 ore dopo estratto di limone e intorno alle 8 ore dopo estratto d’arancia, mostrando quindi una velocità di formazione nettamente maggiore. Inoltre, la somma cumulativa  delle AUC (aree sotto la curva) dei profili di tutti i metaboliti nel plasma è risultata 16.6 volte maggiore dopo assunzione di estratto di limone Wellemon™ rispetto all’arancia (vedi tabella sotto);
  6. situazione è apparsa simile per analisi di metaboliti nelle urine: complessivamente 12 volte più elevati dopo somministrazione di Wellemon™ rispetto all’estratto di arancia.

In conclusione: nello studio clinico, l’estratto di limone Wellemon™, standardizzato al 10% in Eriocitrina, flavonoide caratteristico di questo agrume, ha anticipato significativamente la comparsa dei picchi dei diversi metaboliti e ha determinato profili di accumulo complessivamente molto maggiori rispetto all’estratto di arancia, sia nel plasma sia nelle urine. Un’ulteriore osservazione ritenuta molto interessante è che la somministrazione di Wellemon™ ha prodotto anche metaboliti dell’esperidina e a livelli più elevati rispetto all’estratto di arancia standardizzato in esperidina stessa, indicando

  • sia che vi è una intercomunicazione tra le due vie di comparsa e di modificazione dei metaboliti dei flavonoidi
  • sia che l’eriocitrina è un flavonoide più biodisponibile e dal metabolismo più rapido

con potenziali effetti positivi per l’organismo, che saranno approfonditi in successivi test e studi clinici.

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Bifidobacterium lactis Lafti® B94

Un probiotico dedicato ai bambini

Lafti® B94 è un ceppo di Bifidobacterium animalis ssp. lactis prodotto dall’azienda multinazionale canadese Lallemand.  Si tratta di un probiotico di origine umana, depositato presso la ceppoteca olandese, già sottoposto a tutti gli studi di identificazione, sicurezza e qualità richiesti dalle linee guida nazionali e internazionali; è disponibile come materia prima ad una concentrazione di 100 miliardi di CFU/g.

Il ceppo probiotico Lafti® B94 ha confermato in studi dedicati di essere efficace nel supporto della salute gastrointestinale, in particolare in adolescenti e bambini e in neonati, per il contenimento di sintomi tipo-IBS, gastroenteriti e diarree occasionali. Si tratta di un ceppo che ha inoltre dimostrato una notevole sinergia con alcune fibre prebiotiche.

Lafti® B94 è stato innanzitutto selezionato in studi preclinici finalizzati all’identificazione di un ceppo capace di idrolizzare l’amido resistente, di crescere su substrati probiotici e di resistere alle condizioni avverse tipiche del tratto gastrointestinale, che si caratterizza per un pH fortemente acido e per la presenza di proteasi e sali biliari. Ulteriori studi in vivo condotti in roditori hanno anche mostrato che la co-somministrazione di Lafti® B94 e FOS (ed in misura inferiore, l’inulina) consentiva una migliore sopravvivenza ed una più lunga ritenzione del ceppo probiotico nell’intestino rispetto al controllo (vedi figura sotto, che mostra la ritenzione nel tempo di Lafti® B94 nelle feci di animali a cui era stato somministrato il probiotico in associazione con diversi prebiotici o glucosio).

Studi clinici

IBS nei giovani

Uno studio randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo è stato condotto nel 2016 da Basturk e colleghi (Turk J Gastroenterol. 27: 439-43) per valutare l’effetto di un simbiotico composto da Lafti® B94 sui sintomi dell’IBS in un gruppo di 71 bambini selezionati per aver ricevuto una diagnosi di IBS secondo i criteri Roma III. I soggetti sono stati suddivisi in 3 gruppi a cui è stato somministrato per 4 settimane, due volte al giorno, il probiotico ad una dose di 5 miliardi di CFU/giorno in associazione con 900 mg di inulina (n=23) oppure il solo probiotico (n=24) o infine il solo prebiotico (n=24).

Alla baseline i tre gruppi non differivano significativamente tra di loro per nessuno dei disturbi connessi con l’IBS; valutando i soggetti dopo le 4 settimane di trattamento si è osservato che nel gruppo di coloro che avevano assunto la sola inulina non era cambiato significativamente il numero di soggetti con i diversi sintomi. Tra i 24 soggetti a cui era stato somministrato invece il solo probiotico Lafti® B94 invece il miglioramento più significativo si è osservato nel senso di gonfiore/pienezza addominale, lamentato dal 75% dei soggetti al t=0 e solo nel 25% dopo 4 settimane (p<0.001) e altri miglioramenti significativi si sono avuti anche per il gonfiore post-prandiale (ridotto dal 75% al 45% dei soggetti, p=0.016) e nelle difficoltà nel defecare (p=0.031) (vedere figura sotto).

Il gruppo che aveva assunto il simbiotico aveva visto miglioramenti simili al ramo del solo probiotico, con un ulteriore beneficio nell’endpoint del muco nelle feci (p=0.021 per il calo tra prima e dopo il trattamento). Si è osservata una guarigione piena in 9 pazienti (39%) nel gruppo del simbiotico e in 7 (29%) nel gruppo del probiotico mentre solo in 3 (12.5%) nel gruppo della sola fibra prebiotica.

Contrasto della diarrea occasionale

In uno studio del 2012 (Erdogan O et al., 2012, J Trop Med 2012:787240), 75 bambini di età compresa tra i 5 mesi e i 5 anni sono stati inclusi in una sperimentazione con lo scopo di valutare, in aggiunta alla reidratazione endovenosa, l’efficacia di Lafti® B94 (5 miliardi CFU/giorno) rispetto ad un altro organismo probiotico (S. boulardii) e al controllo negativo nel contrasto della gastroenterite causata da rotavirus. La gastroenterite è una delle malattie infettive più diffuse, soprattutto nei bambini e in particolare nei paesi in via di sviluppo. Il rotavirus è uno degli agenti causativi della diarrea più comuni, soprattutto nella sottopopolazione infantile.

L’osservazione principale dello studio è stata che il trattamento con B. lactis Lafti® B94 ha ridotto significativamente (p<0.001) la durata media degli episodi diarroici a 4.1 giorni a partire dai 7 giorni del controllo negativo, ad indicare uno sviluppo notevolmente meno severo della malattia.

Anche un altro studio pubblicato nel 2014 (Islek et al., Turk J Gastroenterol. 25:628-33) è stato dedicato alla valutazione del possibile effetto benefico del trattamento con Lafti® B94 per  contrastare la diarrea infettiva in un’ampia popolazione di bambini (156, di età compresa tra 2 mesi e 5 anni ammessi in ospedale con sintomi da diarrea infettiva); in questo caso il probiotico è stato somministrato in versione simbiotica con inulina (5 miliardi CFU di probiotico e 900 mg di inulina al giorno per 5 giorni) e confrontato con un controllo non trattato (placebo), per quanto entrambi i rami in studio siano stati sottoposti a reidratazione endovenosa. Anche in questo studio l’endpoint principale consisteva nella misurazione della durata dei fenomeni diarroici: la valutazione dei dati ha portato a concludere che il trattamento con simbiotico ha permesso di ridurre di 31 ore la durata media degli episodi, da 5.2 giorni a 3.9 giorni (-31h, p<0.001).

Altre informazioni dedotte dallo studio sono state: una riduzione delle feci in forma diarroica a partire dal 3 giorno nei soggetti trattati rispetto al controllo (p=0.001) e anche una significativa riduzione della durata complessiva degli episodi diarroici (-0.9 giorni) se il trattamento con il simbiotico veniva iniziato entro le prime 24 ore dallo svilupparsi dei sintomi (p=0.002).

Altri studi

Altre interessanti evidenze scientifiche sempre nell’ambito della salute gastrointestinale sono state raccolte in studi condotti in neonati pre-termine; in due studi distinti effettuati su neonati ospedalizzati, uno su 100 neonati con cardiopatia congenita critica, l’altro su 400 con peso molto basso alla nascita, la somministrazione di Lafti® B94 ha ridotto con entità significativa rispettivamente l’incidenza di infezioni nosocomiali e il tasso di enterocoliti. In entrambi gli studi il trattamento ha anche permesso di ridurre sensibilmente la durata dell’alimentazione parenterale e dell’impiego di terapia intensiva prenatale.

Conclusioni

I dati ottenuti da diversi studi condotti in sotto-popolazioni infantili e di adolescenti hanno permesso di concludere che il ceppo B. lactis Lafti® B94, sia autonomamente sia in sinergia con fibre prebiotiche, supporta efficacemente la risoluzione di sintomi dell’IBS (costipazione, gonfiore e altri) e il contrasto di episodi diarroici in caso di gastroenteriti causate da agenti infettivi (incluso rotavirus). I probiotici come Lafti® B94 agiscono da equilibratori del tessuto epiteliale dell’intestino, promuovendo la stabilizzazione della parete intestinale e delle tight junctions tra gli enterociti e stimolando la crescita e il metabolismo cellulare, oltre ad indurre la produzione di muco. Nel caso degli episodi infettivi e diarroici, il microbiota residente e i probiotici somministrati contribuiscono a ridurre la capacità adesiva dei patogeni, impedendo il legame ai recettori cellulari, acidificando l’ambiente e producendo agenti inibitori della crescita di altri organismi; regolano inoltre la reazione immunitaria agendo da stimolatori del GALT, il tessuto linfoide associato all’intestino, ovvero il distretto intestinale del sistema immunitario.

 

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Fibersol-2 e controllo del tessuto adiposo

Studio clinico nella riduzione del grasso viscerale

Una maltodestrina resistente

Fibersol-2 è una fibra alimentare dalle caratteristiche uniche; prodotta da ADM-Matsutani (joint venture tra le due aziende multinazionali, leader nel settore degli ingredienti alimentari), si tratta di una maltodestrina resistente che si ottiene a partire dall’amido di mais mediante un processo esclusivo di pirolisi e di idrolisi enzimatica. L’ingrediente consiste in un polimero del glucosio che presenta un grado di polimerizzazione medio superiore alle 11 unità e legami prevalentemente 1-4 e 1-6, ma che presenta varie ramificazioni 1-2 e 1-3 (circa 15% dei legami complessivi) e che si originano dallo specifico tipo di lavorazione.

Queste ramificazioni conferiscono alla maltodestrina la proprietà di essere resistente alle amilasi umane rendendo quindi Fibersol-2 una fibra alimentare a tutti gli effetti. Si tratta anche di un ingrediente che presenta proprietà tecniche uniche: Fibersol-2 è infatti altamente solubile in acqua, (dà origine ad una soluzione non viscosa e trasparente), è insapore e inodore e non dolcificante. Resiste inoltre bene al riscaldamento e al pH acido. Questo rende possibile l’impiego, oltre che in integratori alimentari, anche in un ampio ventaglio di prodotti alimentari e alimenti fortificati.

Numerosi studi condotti con Fibersol-2 nell’arco del tempo hanno supportato diverse proprietà salutistiche connesse con questo ingrediente:

  • miglioramento della regolarità intestinale e funzione prebiotica
  • attenuazione del picco glicemico post-prandiale
  • attenuazione della sensazione di fame
  • riduzione dell’assorbimento dei grassi e contenimento dei trigliceridi e del colesterolo del siero.

Fibersol-2 è anche una fibra ben tollerata, anche a dosaggi notevolmente più elevati rispetto ad altre fibre.

Fibersol-2 è stato infine incluso tra gli alimenti Low-FODMAP dalla Monash University di Melbourne; questi alimenti dal forte connotato salutistico si caratterizzano per venire fermentati nell’intestino in modo molto graduale e contribuiscono a minimizzare il rischio di incorrere nei sintomi della sindrome del colon irritabile (IBS) negli individui predisposti.

Obesità, un problema globale

Lo studio clinico più recente sul Fibersol-2, condotto in Giappone e pubblicato nel 2020 (1) ha valutato la capacità di questa maltodestrina resistente di influire sulla quantità di grasso viscerale accumulato in soggetti volontari.

L’obesità, ovvero l’accumulo eccessivo di tessuto adiposo, è un problema di enorme rilevanza a livello globale, in particolare nei Paesi più sviluppati; nei soli Stati Uniti si stima che circa il 70% della popolazione sia sovrappeso o obesa.

Un eccesso di tessuto adiposo è associato a complicazioni nel metabolismo del glucosio e dei lipidi; concorre, insieme ad altri fattori di rischio, a provocare patologie multifattoriali come la sindrome metabolica, con effetti a diversi livelli come disordini cardiovascolari che possono chiaramente condurre anche ad eventi acuti (ad es. infarto e ictus).

Tra i vari tipi di tessuto adiposo, l’accumulo di grasso viscerale è un fattore di rischio particolarmente significativo perché si tratta di un tessuto molto attivo in ambito metabolico (come ad esempio nel processo di lipogenesi) e in grado anche di secernere ormoni e citochine infiammatorie ad elevato impatto metabolico sull’organismo. La misura della circonferenza addominale è di per sé un parametro predittore del rischio di eventi cardiovascolari acuti; si è anche osservato che pazienti con eccesso di grasso viscerale sono soggetti allo sviluppo di patologie anche quando il loro peso corporeo rientra in un intervallo standard mentre accumulo di grasso sottocutaneo porta usualmente a complicazioni meno gravi.

Studio clinico nella riduzione del tessuto adiposo viscerale

Lo studio (Link Pubmed), randomizzato, in doppio cieco e controllato, aveva la finalità di valutare l’effetto del Fibersol-2 sull’accumulo di tessuto adiposo a confronto con un placebo indistinguibile. La fibra è stata somministrata ai volontari disciolta in una bevanda a base di tè ai 3 pasti principali, ad una dose di 5 g/pasto, per un totale di 15 g/die per un periodo di studio complessivo di 12 settimane. I volontari arruolati che hanno completato lo studio sono stati 137, suddivisi nei due gruppi. In aggiunta al monitoraggio di diversi parametri biochimici l’endpoint principale previsto era la misurazione dell’area di tessuto adiposo viscerale, quantificata mediante tomografia computerizzata.

Lo studio ha permesso di rilevare una riduzione significativa dell’area del tessuto adiposo viscerale media da 105.3 cm2 a inizio studio a un valore finale di 101.2 cm2, significativamente distinguibile dal valore riscontrato a fine studio nel gruppo del placebo (108.07, p<0.05), vedi figura.

E’ risultata significativa anche la differenza tra le variazioni tra inizio e fine studio del gruppo che aveva assunto Fibersol-2 rispetto al placebo (rispettivamente -4.18±15.44 e +1.47±14.89 cm2). Non si è inoltre rilevata un’incidenza di effetti avversi (tra i quali non ne sono stati registrati di particolare severità) superiore nel gruppo che ha assunto Fibersol-2 rispetto al placebo.

Meccanismo d’azione

Si stima che la ragione alla base della riduzione del tessuto viscerale da parte dell’assunzione di una maltodestrina resistente come Fibersol-2 risieda:

  • in una riduzione della lipogenesi legata ad una migliorata tolleranza al glucosio;
  • in un’inibizione dell’assorbimento di grassi con la dieta.

Fibersol-2 assunto al pasto è in grado infatti, ostacolando l’assorbimento degli zuccheri consumati negli alimenti, di contenere il rapido aumento della glicemia postprandiale che conduce ad un incremento della secrezione di insulina e, a lungo termine e per eccessiva reiterazione, ad uno stato infiammatorio sistemico. Tra i molti processi che vengono moderati attraverso la riduzione della produzione di insulina ad opera di Fibersol-2, uno è quello della lipogenesi. Allo stesso tempo, Fibersol-2, che si è rivelato in grado di contenere anche il picco post-prandiale di trigliceridi dopo pasti ricchi di grassi, provoca una riduzione dell’immagazzinamento nei tessuti adiposi dei trigliceridi e un reindirizzamento all’eliminazione di questi con le feci.

Stratificando ulteriormente le  analisi per genere e indice di massa corporea si è osservato che un effetto particolarmente significativo era rilevabile sui soggetti con BMI più elevato e sulla popolazione maschile, che si caratterizza mediamente per un tessuto adiposo viscerale più pronunciato.

Conclusioni

Quanto osservato in questo studio conferma risultati già ottenuti in sperimentazioni precedenti condotte con dosaggi più elevati; in questo caso si sono osservati effetti significativi già con dosaggi relativamente contenuti di maltodestrina resistente (5g di Fibersol-2 a ciascuno dei tre pasti principali, disciolti in una bevanda) e senza gli effetti avversi solitamente attribuiti al consumo di dosi elevate di fibre alimentari.

Fibersol-2 si candida quindi come un ingrediente utile, con un consumo costante e ripetuto nel tempo, per la riduzione del grasso viscerale e quindi del rischio di obesità e della complicazioni connesse con questo stato.

Bibliografia

  1. Kitagawa M, Nakagawa S, Suzuki T et al. (2020) Visceral Fat-Reducing Effect and Safety of Continuous Consumption of Beverage Containing Resistant Maltodextrin: A Randomized, Double-Blind, Placebo-Controlled, Parallel-Group Clinical Trial. J Nutr Sci Vitaminol. 66(5):417-426.

 

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Lafti® L10 e immunità

Da Lallemand Health Solutions un probiotico per il supporto del sistema immunitario

Come noto i probiotici sono microrganismi vivi e non patogeni che somministrati in quantità adeguate sono in grado di colonizzare il tratto gastrointestinale e possono conferire benefici salutistici all’ospite. Il principale effetto dei probiotici, anche fotografato dalle linee guida del Ministero della Salute, riguardano il benessere e l’equilibrio dell’apparato gastrointestinale; in effetti il microbiota intestinale è un vero e proprio organo simbionte che contribuisce allo svolgimento di molte attività dell’intestino:

  • metabolismo ed assorbimento dei nutrienti;
  • stimolazione e protezione della mucosa e preservamento della barriera intestinale;
  • regolarizzazione dell’alvo.

L’assunzione di probiotici è poi particolarmente utile per compensare condizioni non fisiologiche come coliti, diarrea da antibiotici e del viaggiatore; i microrganismi commensali sono infatti in grado di contrastare la proliferazione dei patogeni per competizione diretta sulle mucose e per inibizione della crescita, competendo per nutrienti e attraverso la produzione di batteriocine.

Il microbiota e i probiotici svolgono anche un ruolo molto importante nell’ambito dell’immunomodulazione. Presso l’intestino si trova un importante distretto del sistema immunitario, il GALT (Gut-Associated Lymphoid Tissue, Tessuto Linfoide Associato all’Intestino); la funzionalità del GALT condiziona lo stato immunitario dell’organismo e dipende molto strettamente dallo stato di salute del microbiota e della mucosa intestinali. I microrganismi probiotici sono quindi in grado di supportare la capacità dell’organismo di rispondere alle infezioni, in particolare quelle tipiche della stagione invernale (influenze e raffreddori).  Tra i probiotici che si sono dimostrati maggiormente in grado di svolgere questa funzione c’è il ceppo Lactobacillus helveticus Lafti® L10 di Lallemand.

Questo ceppo, sicuro e ben caratterizzato, è stato valutato in numerosi studi per la capacità di prevenire e ridurre la severità di malattie invernali.

 

Studi scientifici

Studi in vitro e in vivo hanno innanzitutto evidenziato la capacità del ceppo di aderire a linee cellulari intestinali, di inibire microrganismi patogeni e di stimolare risposte citochiniche in animali modello.

Diversi gruppi hanno poi condotto studi clinici nell’uomo per valutare la capacità di Lafti® L10 di modulare parametri della risposta immunologica, di prevenire fenomeni patologici e possibilmente di ridurne la gravità. Gli studi sono stati condotti in popolazioni caratterizzate da elevata suscettibilità a queste sindromi stagionali, quali:

  • atleti, anche d’élite
  • studenti universitari.

È noto che l’intenso sforzo fisico può compromettere la salute dell’individuo, ad esempio riducendo il corredo anticorpale (IgA salivari), aumentando lo stress ossidativo e favorendo la recidiva di infezioni virali latenti. Gli studenti sono invece una categoria tipicamente esposta per via dello stress da esami e a causa dell’intensa vita comunitaria.

Studio in atleti (1)

Nel primo studio condotto (1) gli autori hanno valutato gli effetti della somministrazione di Lafti® L10 (20 miliardi di cellule vive/die) per 1 mese proprio su una popolazione di atleti allenati; una parte dei soggetti erano, per propria ammissione, “affaticati” (n=9), mentre l’altra in condizioni “normali” e in salute (n=18); la maggior parte degli atleti affaticati erano anche soggetti a frequenti re-infezioni da EBV.

Le due sotto-popolazioni di atleti mostravano un livello di IFNγ secreto dai linfociti in coltura più basso nei soggetti affaticati rispetto a quelli sani (p=0.02). Dopo 4 settimane di trattamento i livelli di questo parametri sono risultati incrementati, raggiungendo livelli paragonabili tra le due sotto-popolazioni valutate; l’incremento negli atleti affaticati, nell’ordine del 300%, è risultato statisticamente significativo (p=0.01). Nel caso degli atleti in salute, invece, si è osservato un incremento significativo di IFNγ misurato nella saliva. L’interferone-γ è una citochina linfocitaria critica per il sistema immunitario e coinvolta a vari livelli nella difesa dell’organismo, in particolare da infezioni virali.

Studio in atleti (2)

Lafti® L10 è stato impiegato anche in un altro studio (RCT in doppio cieco) volto alla valutazione della condizione immunologica in atleti sottoposti ad intensa attività fisica (2). A questo studio hanno partecipato atleti d’élite di vari sport, tutti campioni nazionali o europei nelle proprie discipline; 39 di essi hanno concluso il trial, avendo assunto Lafti® L10 (n=20) o un placebo (n=19) per 14 settimane durante il periodo invernale. Gli atleti hanno monitorato il proprio stato di salute valutando incidenza, gravità e durata dei cosiddetti URTI (eventi patologici delle vie respiratorie superiori, Upper Respiratory Tract Illness). Questi eventi possono compromettere le tabelle d’allenamento e quindi la preparazione in atleti d’élite.

Parametro Lafti® L10 Placebo p value
Proporzione di atleti che hanno riportato episodi respiratori 12/20 11/19 0,897
Durata (n. di giorni) 7,25±2,90 10,64±4,67 * 0,047
Gravità degli episodi 110,92±96 129,73±40,33 0,078
Numero di sintomi per episodio 4,92±1,96 6,91±1,22 * 0,035
Numero di medicamenti/integratori per episodio 1,17±1,11 1,91±0,94 0,101
Numero di giorni di medicamento per episodio 3,67±4,33 7,55±5,84 0,166
Numero totale di giorni con malattia 88,00 132 * 0,000563

La durata media degli episodi URTI sì è ridotta significativamente (vedere tabella) nei soggetti trattati con Lafti® L10: 7.25 giorni di durata media rispetto ai 10.64 del placebo (p=0.047). Anche il numero di sintomi per episodio si è ridotto in modo significativo: da 6.91 sintomi per episodio nel placebo a 4.92 nei soggetti trattati con il probiotico (p=0.035). Per quanto riguarda la gravità media degli episodi intervenuti, si è osservato un trend statistico (p=0.078) verso la riduzione della gravità.

Dallo studio è emersa una tendenza statistica verso una riduzione della popolazione di atleti che hanno indicato impedimenti nell’allenamento (p=0.054) quando trattati con probiotico.

Gli atleti partecipanti allo studio hanno anche completato un questionario di autovalutazione soggettiva a vari parametri sullo stato dell’umore e della condizione fisica in genere (POMS), prima e dopo il trattamento con probiotico e placebo; da tale questionario è emerso un aumento significativo dello stato di vigore fisico negli atleti trattati con probiotico, ad indicare potenzialmente un effetto attribuibile al trattamento con Lafti® L10 sulla condizione psico-fisica degli atleti.

Studio in atleti (3)

In una successiva pubblicazione dallo stesso gruppo (3) sui medesimi atleti si è osservato (vedi figura) come nel periodo di 14 settimane ci sia stata nel ramo del placebo una significativa riduzione del livello di IgA nella saliva (-28% p=0.02). Come già anticipato, le IgA costituiscono un’importante prima linea di difesa multifunzionale contro diversi tipi di infezione (batteriche, virali, fungine). Il trattamento con Lafti® L10, invece, ha determinato una parziale soppressione (quantificabile nell’ordine 35% rispetto al placebo) della riduzione dei livelli delle IgA, che a fine studio sono rimaste a livelli non statisticamente distinguibili da quelli della baseline (-8.7%, p=0.34), indicando una migliore conservazione delle IgA e una possibile protezione da fenomeni respiratori.

Studio in studenti universitari

In un altro studio del 2005,  l’effetto della somministrazione di L. helveticus Lafti® L10 è stato valutato anche in una coorte di studenti universitari. Lo studio RCT è stato completato da 285 studenti con un’età compresa tra 18 e 25 anni, che hanno assunto 5 miliardi di cellule vive/die di Lafti® L10 o un placebo indistinguibile per 10 settimane consecutive. Ai volontari è stato richiesto di completare ogni giorno un questionario di valutazione della salute indicando se si era malati e di classificare la gravità dei sintomi (suddivisi tra locali e sistemici).

Lo studio ha permesso di apprezzare una differenza significativa nel numero complessivo di sintomi sistemici tra i due gruppi: 1323 per il ramo del placebo contro 1179 per il gruppo trattato con il probiotico (-11%, p<0.01 con test Chi-quadrato). Si è anche osservata una riduzione della severità dei sintomi registrati, con una concomitante riduzione dell’assunzione di medicamenti (principalmente paracetamolo): gli studenti del controllo ne hanno assunti per 367 giorni contro i 283 del gruppo trattato con probiotico (p<0.01).

Bibliografia

  1. Clancy RL, Gleeson M, Cox A et al. (2006) Reversal in fatigued athletes of a defect in interferon-γ secretion after administration of Lactobacillus acidophilus. Br J Sport Med 40:351-354;
  1. Marinkovic DM, Minic R, Dikic N et al. (2016) Lactobacillus helveticus Lafti® L10 supplementation reduces respiratory infection duration in a cohort of elite athletes: a randomized double-blind placebo-controlled trial Appl Physiol Nutr Metab 41(7):782-9.
  2. Michalickova DM, Kostic-Vucicevic MM, Vukasinovic-Vesic MD (2017) Lactobacillus helveticus Lafti L10 Supplementation Modulates Mucosal and Humoral Immunity in Elite Athletes: A Randomized, Double-Blind, Placebo-Controlled Trial. J Strength Cond Res. 31(1):62-70
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InSea2® – Dalle alghe brune un estratto polifenolico per il controllo della glicemia post-prandiale

InSea2® è un ingrediente naturale destinato agli integratori alimentari, sviluppato dall’azienda canadese InnoVactiv e rivolto all’ambito salutistico del controllo della glicemia e della sindrome metabolica.

InSea2 è un estratto secco polifenolico ottenuto mediante estrazione acquosa e successive filtrazioni a partire dalle alghe brune Fucus vesiculosus e Ascophyllum nodosum, che crescono selvatiche nell’oceano Atlantico di fronte alle coste canadesi del Quebec.

Il processo produttivo conduce ad un prodotto con un’elevata concentrazione di polifenoli caratteristici (>20%), principalmente florotannini, ma con un contenuto relativamente ridotto di iodio (<300 ppm), per non influire negativamente sulla funzionalità tiroidea.

I florotannini algali svolgono un’attività specifica e peculiare: assunti insieme al pasto agiscono da blocker reversibili degli enzimi deputati alla digestione intestinale dell’amido e degli oligosaccaridi della dieta (α-amilasi e α-glucosidasi), inibendo in modo dolce ma significativo la scomposizione degli zuccheri complessi assunti con la dieta nelle unità base che li compongono (sostanzialmente glucosio). Ciò determina un effetto analogo a quando si assumono carboidrati a ridotto indice glicemico, ovvero una riduzione nel tempo della disponibilità di glucosio assorbibile e quindi uno smorzamento del picco glicemico post-prandiale con un aumento della coda di assorbimento; tale fenomeno corrisponde ad una diminuzione del picco di insulina richiesto per ricondurre la glicemia ai livelli basali.

L’insulina è l’ormone deputato alla regolazione della concentrazione del glucosio ematico; quando il glucosio entra nel  circolo sanguigno l’insulina viene secreta dal pancreas, entra a propria volta in circolo e induce l’esposizione dei trasportatori del glucosio sulle membrane di molte cellule dell’organismo (principalmente epatiche e muscolari) e quindi l’uptake del glucosio.

Il meccanismo è tuttavia naturalmente fragile e suscettibile di essere compromesso. Picchi quotidiani ed elevati di insulina, causati dall’assunzione continua ed abbondante di carboidrati (in particolare quelli ad elevato indice glicemico) provocano una graduale desensitizzazione insulinica che implica che sarà richiesto un apporto sempre crescente di ormone a parità di glucosio da rimuovere dal sangue.

Questo fenomeno induce un progressivo aumento della glicemia a digiuno (un fattore di rischio indipendente di primaria importanza in ambito cardiovascolare) e un circolo vizioso che dall’insulino-resistenza può condurre al Diabete Mellito di tipo 2 a diversi stadi di gravità e a tutti gli stati ad esso connessi, come la Sindrome Metabolica; l’iperglicemia e l’iperinsulinemia sono inoltre stati pro-infiammatori.

Picchi glicemici ed insulinemici post-prandiali molto pronunciati hanno anche ulteriori implicazioni: maggiore è il picco glicemico, più netto è lo stato di temporanea ipoglicemia che segue e che induce cali di attenzione e stati di fame incontrollata, che porta a sovra-alimentazione, aumento di peso ed esacerbazione del circolo vizioso dei carboidrati.

InSea2® assunto al pasto ad un dosaggio di 250mg, smorzando il picco glicemico ad ogni pasto, contribuisce a contrastare i diversi fenomeni descritti, supportando il miglioramento dei parametri glicemici e aiutando a contenere l’incidenza di problematiche di salute connesse con l’insulino-resistenza.

Studi in vitro, in vivo e nell’uomo—efficacia supportata scientificamente

L’efficacia di InSea2® è stata variamente dimostrata in studi in vitro, in modello animale e in studi clinici nell’uomo.

In una recente pubblicazione del 2017 che ha riconfermato risultati già ottenuti in precedenza, i polifenoli algali sono stati impiegati in saggi di inibizione enzimatica in vitro. Gli enzimi α-amilasi e α-glucosidasi incubati in vitro con dosi crescenti di InSea2® sono risultati gradualmente inibiti secondo una dinamica dose/risposta, venendo completamente bloccati con una concentrazione di enzima rispettivamente di 30 e 2 µg/mL (vedi figura).

L’attività in vitro misurata in termini di IC50 è risultata superiore a quella dell’acarbosio, un farmaco contro l’iperglicemia e il diabete, con un meccanismo d’azione simile all’InSea2®. In altri studi in vitro si è anche investigata la specificità dell’estratto nei confronti di diverse glicosidasi di mammifero, individuando un’efficacia massima nei confronti della saccarasi di ratto, attività limitata verso la maltasi e nulla nei confronti della lattasi. In un altro studio side-by-side InSea2® ha dato nuovamente prova di avere un’efficacia paragonabile all’acarbosio e significativamente superiore a parità di dosaggio, rispetto ad altri ingredienti naturali (es. faseolamina) con funzione analoga.

Alcuni studi in roditori hanno confermato l’efficacia di InSea2® anche in vivo. In diversi studi condotti nel 2011 in roditori normali, nel 2014 in ratti magri o obesi ed infine nel 2017 in topi modello per la steatoepatite (NASH) non-alcolica umana, InSea2® assunto con un pasto test ha sempre dimostrato di ritardare e/o smorzare il picco glicemico post prandiale e anche il relativo picco insulinemico. In particolare nell’ultimo studio menzionato, l’estratto o un controllo sono stati somministrati ad animali normali o allevati con una dieta ad alto tenore di grassi che dopo 3 settimane ha indotto un significativo aumento di peso rispetto al controllo e l’insorgenza della NASH (steatosi, infiammazione lobulare e fibrosi periportale). In animali normali l’assunzione dell’estratto in concomitanza con un carico glicemico ha ridotto il picco glicemico ed insulinemico a 30 minuti, mentre in animali con steatoepatite (vedi figura sotto) l’effetto dato dal trattamento è risultato notevolmente superiore generando una riduzione significativa sia dei picchi sia dell’area sotto l’intera curva glicemica alle 3 ore.

L’efficacia misurata in vitro e i risultati ottenuti in vivo sono stati confermati anche in studi dedicati nell’uomo. Già nel 2011 Paradis e colleghi avevano dimostrato in uno studio crossover che InSea2® (ad un dosaggio di 500 mg) era efficace nella riduzione dell’area sotto la curva (iAUC) del picco glicemico post-prandiale, del relativo picco di insulina e dell’indice Cederholm di sensibilità all’insulina.

Più recentemente, nel 2017, una formulazione di InSea2® e cromo è stata somministrata  per 6 mesi a 50 volontari sovrappeso o obesi per valutare il potenziale di miglioramento  dei parametri ematici di glucosio ed insulina a digiuno, e non dopo un carico acuto come precedentemente descritto, riducendo quindi il rischio di sindrome metabolica e altre patologie. Dopo il periodo di trattamento sia la glicemia che l’insulinemia a digiuno si sono ridotte in modo significativo (rispettivamente –11% con p<0.001 e – 21% con p<0.05) dopo 6 mesi. Anche l’indice HOMA, un marker accettato di insulino-resistenza, è diminuito nell’arco dei 6 mesi da un valore medio iniziale di 6.1 (ad indicare uno stato di chiara resistenza insulinica) ad un valore significativamente inferiore di 4.4. Inoltre, mentre al t0 nessuno dei soggetti riportava un HOMA inferiore al valore 3, considerato il range di normalità, dopo i 6 mesi di trattamento il 22% dei volontari aveva raggiunto questo valore target, denotando un notevole miglioramento dello stato di insulino-resistenza.

La capacità della stessa formulazione contenente InSea2® di influire positivamente sullo stato glicemico è stata ulteriormente confermata in un ultimo studio controllato con placebo, randomizzato e in doppio cieco di  recente pubblicazione (2019).

65 soggetti disglicemici divisi in due gruppi hanno assunto per 6 mesi una formulazione di InSea2 e cromo o un placebo e lo stato glicemico è stato valutato al t0 e al termine del periodo di integrazione misurando diversi parametri (vedi tabella sotto).

Riduzioni significative sono state rilevate nel gruppo supplementato per i parametri della glicemia basale a digiuno (p<0.05 vs baseline e vs placebo),  glicemia post prandiale (p<0.01 vs placebo e p<0.05 vs baseline) e per l’emoglobina glicata HbA1c, un importante indicatore dello stato glicemico permanente dell’organismo (p<0.05 vs placebo). Anche l’indice HOMA  relativo all’insulino-resistenza si è ridotto significativamente sia rispetto alla baseline sia rispetto al placebo (p<0.05 per entrambi i casi).

Infine anche la misurazione delle citochine TNF-α e Hs-CRP, rispettivamente marcatore di stati infiammatori e predittore di eventi cardiovascolari acuti, hanno permesso di rilevare riduzioni significative rispetto a baseline e placebo, suggerendo un miglioramento dello stato infiammatorio sistemico.

La cattiva regolazione del glucosio ematico in fase pre-diabetica può esprimersi in termini di IFG (alterata glicemia a digiuno) o IGT (ridotta tolleranza al glucosio). La prima è misurata come livello di glicemia basale superiore alla norma, mentre la seconda si valuta a seguito di un test orale di tolleranza al glucosio (OGTT); entrambe sono condizioni pre-diabetiche e possono condurre al diabete conclamato ma la ridotta tolleranza (IGT) rappresenta un fattore di rischio superiore rispetto alla IFG.

L’evidenza più interessante dello studio è risultata essere che il trattamento con InSea2® e cromo ha indotto una regressione significativa ad uno stato IFG di soggetti che si trovavano in condizione di IGT al t0 e un rientro ad una normale tolleranza al glucosio in soggetti precedentemente in uno stato di alterata glicemia a digiuno IFG (vedi grafico sotto).

 

 

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Nattokinasi NSK-SD®

Dal Natto, un ingrediente per la salute cardiovascolare

C.F.M. Co. Farmaceutica Milanese ha avviato una cooperazione per l’Italia con l’azienda giapponese Japan Bio Sciences Laboratory.

JBSL, con sedi a Tokyo e Osaka e stabilimenti nel Kyushu e a Kyoto, è un’azienda votata fin dagli anni ‘70 alla ricerca nel settore degli ingredienti funzionali.

Il prodotto di punta verso cui JSBL ha promosso, fin dalla metà degli anni ’90, intense attività di R&D è stata la nattokinasi. La nattokinasi è un enzima proteolitico estratto dal Natto, alimento tradizionale millenario giapponese a base di soia fermentata; il Natto è sempre stato considerato un super food dalle spiccate funzionalità salutistiche. Durante tutto il 900 la composizione e le peculiarità del Natto sono state approfondite fino ad intuirne il carattere proteolitico e caratterizzare l’attività e la sequenza amminoacidica dell’enzima che sarebbe stato poi ribattezzato “Nattokinasi”, il nucleo principale dei benefici salutistici in ambito cardio-vascolare del Natto.

A partire da 1995 JBSL ha poi sviluppato e messo a punto il metodo produttivo per la nattokinasi, oggi denominata NSK-SD®.  NSK-SD® è la nattokinasi di riferimento a livello globale sia in termini di efficacia sia di sicurezza e, alla luce dei numerosi studi effettuati nell’uomo e del vaglio delle Autorità, è oggi l’unica autorizzata per il consumo negli integratori in Europa secondo la normativa Novel Food.

La Nattokinasi NSK-SD® è ottenuta per estrazione a partire da un fermentato di soia non OGM con un ceppo proprietario di Bacillus subtilis Natto e si presenta come una polvere bianca inodore, con un’attività (espressa in unità enzimatiche) di 20.000 FU/g. L’enzima è stabile al calore e al pH acido  ed è formulabile in capsule o compresse poiché resistente alla compressione.

I numerosi studi effettuati hanno permesso di accertare per questo enzima  diversi benefici salutistici legati alla sua attività proteasica e che competono all’area cardiovascolare; i principali sono:

  • una capacità di controllare fenomeni di ipertensione
  • un’attività fibrinolitica che contribuisce a fluidificare il circolo sanguigno.

Il dosaggio massimo giornaliero negli integratori alimentari, come prescritto dall’autorizzazione Novel Food, è di 100 mg/die, corrispondenti a circa 2000 unità (FU); l’ingrediente è inoltre totalmente privato della Vitamina K2, fattore pro-coagulante. L’etichettatura del prodotto finito che contiene Nattokinasi deve inoltre contenere la dicitura “Estratto di soia fermentata” e la prescrizione di assumere l’integratore sotto controllo medico se il soggetto è già sottoposto a terapia farmacologica.

Nattokinasi: benefici salutistici provati scientificamente

La nattokinasi è un enzima proteolitico di 275 aa, della famiglia delle subtilisine (serina-proteasi). Studiata già nei primi decenni del ’900 come costituente del Natto, dava prova di poter degradare la fibrina e le gelatine. Una volta caratterizzata e isolata, negli anni ‘80 il Prof. Sumi, in Giappone, ne ha confermato l’azione fibrinolitica nei confronti dei trombi. Studi in vitro, in vivo e in volontari umani hanno permesso di verificare un’attività fibrinolitica comparabile con quella della plasmina (l’enzima fisiologico che degrada la fibrina); l’attività fibrinolitica diretta, è affiancata da un’attività indiretta, ovvero che passa attraverso la degradazione di PAI-1 (inibitore dell’attivatore del plasminogeno, t-PA).

È stato anche osservato che la Nattokinasi ha un’attività inibitoria trascurabile nei confronti della cascata di attivazione della coagulazione, in risposta a lesioni dei tessuti.

L’ipertensione è una delle patologie più comuni e diffuse nel mondo occidentale; il rischio di sviluppare la malattia cardiovascolare aumenta progressivamente all’incrementare della pressione sanguigna già sopra i valori di 115/75; una pressione che supera 140/90 richiede un intervento attivo. Riduzioni nell’ordine di soli 2 mmHg possono abbassare di un 10-15% il rischio di  ictus e infarto. L’ipertensione è infine uno dei marker che delineano l’occorrenza della sindrome metabolica.

L’attività ipotensiva della nattokinasi è stata osservata sia in studi in animali modello sia nell’uomo; si ipotizza che il meccanismo d’azione coinvolga il sistema renina-angiotensina ma che la nattokinasi non agisca su ACE (Angiotensin-Converting Enzyme, come i comuni farmaci ipotensivi), bensì sulla renina.

In uno studio RCT del 2008 (Kim et al.) condotto su un totale di 86 volontari con pressione sistolica elevata (tra 130 e 159 mmHg) il gruppo supplementato con 2000 FU giornaliere di nattokinasi per 8 settimane ha osservato una riduzione significativa della pressione sanguigna (vedi figura) rispetto a quanto è stato misurato nel gruppo del placebo: la riduzione netta tra i due gruppi dopo 8 settimane è consistita in –5.6 mmHg per la sistolica e –2.8 mmHg per la diastolica a favore del gruppo sotto trattamento (risp. p=0.029 e p=0.027).

 

Questi risultati hanno confermato quelli ottenuti in studi precedenti (1998 e 2003), condotti con dosaggi maggiori, e sono stati poi verificati anche in un altro studio più recente, sempre randomizzato, controllato con placebo e in doppio cieco condotto su 74 volontari (Jensen at al., 2016); in questo trial la riduzione più pronunciata nei soggetti trattati (2000 FU/die) rispetto al placebo si è osservata nella pressione diastolica (84 vs 87 mmHg, p<0.04). La riduzione nella pressione sistolica del gruppo trattato con nattokinasi (-4 mmHg) ha raggiunto un trend statistico (p<0.1). Effetti particolarmente significativi si sono osservati nella sotto-popolazione maschile dello studio.

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Coenzima Q, statine e salute cardiovascolare

Le statine sono uno dei farmaci più diffusi, in particolare nei paesi occidentali e rappresentano uno dei trattamenti più efficaci per il controllo delle dislipidemie e quindi per la riduzione del rischio cardiovascolare e della mortalità ad esse legata.

A fronte di un significativo miglioramento del profilo lipidico ematico (riduzione del colesterolo LDL), tra gli effetti collaterali più comuni legati al consumo delle statine sono annoverabili le miopatie o più in generale i cosiddetti SAMS, Sintomi Muscolari Associati con le Statine che possono manifestarsi a livelli crescenti di gravità.

L’insorgenza di questi effetti collaterali è una causa frequente di interruzione del trattamento farmacologico ma ad oggi non sono state ancora del tutto chiarite le ragioni meccanicistiche per cui essi si manifestano.

Come noto le statine agiscono da inibitori della via biosintetica del colesterolo, antagonizzando l’enzima HMG-CoA reduttasi e impedendo quindi la conversione del HMG-CoA in acido mevalonico. Vi sono varie indicazioni che l’inibizione di questo pathway impatti negativamente anche sulla biosintesi endogena di altre importanti molecole prenilate che condividono la stessa via, tra cui il Coenzima Q10 (ubichinone).

Quest’ultimo è un cofattore ubiquitario nell’organismo con un ruolo fondamentale nel metabolismo energetico mitocondriale e come scavenger radicalico.

L’ubichinolo è la versione innovativa del Coenzima Q10 e notevolmente più biodisponibile; è prodotto esclusivamente da Kaneka ed è disponibile per il mercato degli integratori come materia prima in polvere o in capsule già formulate. Il dosaggio massimo ammesso in Italia è di 200 mg/die, come per il CoQ10 tradizionale, ma garantisce un assorbimento notevolmente superiore nell’organismo e un potenziale antiossidante subito pronto senza necessità di interconversione fisiologica.

Nuove meta-analisi sulla relazione tra Coenzima Q10, statine e mialgie

In merito all’interazione tra trattamento con statine, sintomi mialgici e Coenzima Q, le correlazioni tra

  • somministrazione di CoQ10 ed entità dei sintomi muscolari da statine
  • assunzione di statine e livelli di CoQ10 circolante

sono state variamente valutate in molti studi clinici, con risultati  talvolta eterogenei o poco chiari.

Due meta-analisi di recente pubblicazione si sono poste l’obiettivo di riepilogare e rianalizzare i dati clinici più recenti disponibili su entrambi gli aspetti.

Nella prima meta-analisi, pubblicata sul Journal of American Heart Association (1), che puntava a verificare la correlazione tra somministrazione di Coenzima Q10 e lo smorzamento dei sintomi muscolari, 12 pubblicazioni sono state valutate adeguate a partire dagli 868 studi individuati, scremati attraverso una selezione secondo diversi criteri predefiniti (studi di qualità, in formato RCT doppio cieco, con soggetti sotto trattamento con statine+CoQ10 o statine+placebo); tra queste 12, 9 sono state utilizzate per estrapolare i dati sul dolore muscolare (numero totale di soggetti trattati = 433, di cui 222 nel gruppo CoQ10 e 211 con placebo). Confrontata con il placebo, la somministrazione di CoQ10 ha dimostrato (vedi figura qui sopra) di  aver ridotto il dolore muscolare (P<0.001), la debolezza (P=0.006), i crampi (P<0.001) e la spossatezza (P<0.001). La solidità dell’analisi è stata verificata mediante calcoli di randomizzazione e l’eterogeneità del risultato del dolore muscolare è stata confermata nel non avere trovato correlazione significativa né con la dose (100-600 mg/die), né con la durata del trattamento (1-3 mesi), né con la data di pubblicazione.

Nella seconda meta-analisi pubblicata sull’European Journal of Medical Research (2), un simile approccio di ricerca di dati e di verifica statistica  puntava a verificare la relazione tra assunzione di statine e il livello di CoQ10 circolante. A partire allo screening bibliografico sono risultati adeguati 9 studi clinici RCT doppio cieco, che arruolavano un totale di 1652 soggetti (822 trattati con statine e 830 con placebo).

L’analisi complessiva del campione di individui ha verificato che in effetti il trattamento con statine riduceva significativamente il pool di CoQ10 circolante (p=0.001); l’analisi per sottogruppi condotta negli studi che avevano previsto la distinzione tra tipi di statine ha mostrato che la riduzione del CoQ10 circolante risultava indipendente dal tipo di statina utilizzate (lipofila o idrofila). La variazione non appariva neppure dipendente dall’uso di statine a basso-media o alta intensità né mostrava di essere correlata con la durata del trattamento farmacologico (p=0.994).

 

Bibliografia

1) Qu et al., J Am Heart Assoc. 2018 Oct 2;7(19)

2) Qu et. al., Eur J Med Res. 2018 Nov 10;23(1):57

 

 

 

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